Sentenza
della Corte di Cassazione
Da
Firenze ci scrive il protagonista della vicenda che
qualche giorno fa abbiamo raccontato. Lasciamo a lui la
parola
La
parola al ciclista
E’
finita cosi. Forse. Dopo 5 anni di dispute legali, la
Corte di cassazione mi ha condannato a pagare una multa
per transito contromano in una strada a senso unico. Le
sentenze si rispettano. Ma qualcosa non mi torna.
Ricapitoliamo. Procedo per il centro di Firenze spingendo
a mano la bicicletta. A tratti salgo in sella, poi scendo.
Riparto, ridiscendo. E via alternando. Per strada non se
ne vede traccia, ma esiste l’Ordinanza del Sindaco n.
4465/1997 che impone di procedere a piedi su alcune strade
e consente di pedalare su altre. Occorrerebbe consultarla
ad ogni spostamento in città. Fra l’altro, raccomanda
ripetutamente ai ciclisti di non "recare intralcio o
danni ai pedoni". Ineccepibile: qualcuno potrebbe
pensare che far rimbalzare le gomme sugli stinchi dei
passanti sia un suo diritto. Attraverso il piazzale degli
Uffizi, in regola con l’ordinanza, e mi accingo a
immettermi sul lungarno. Segnali non ne vedo,
l’ordinanza non dice niente, la via è sgombra e così
parto in direzione di Ponte Vecchio. Qui mi ferma una
pattuglia di agenti municipali e mi contesta la
contravvenzione. Prefetto e giudice di pace confermano, la
Cassazione mi spiega, e spiega a tutti gli italiani:
"… nel punto in cui l’isola pedonale sbocca su
una strada a transito veicolare, non vi è obbligo di
apporre un segnale indicante il flusso del traffico poiché
tale segnale non ha alcuna rilevanza nei confronti dei
pedoni, avendola solo per i veicoli." Sarà. Ma come
la mettiamo con l’art. 190 del codice della strada che
impone ai pedoni "di circolare sul margine della
carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli"?.
E per quale motivo avranno mai inventato il segnale di
fine dell’area pedonale (art. 39 dello stesso codice),
se non per avvertire proprio chi va a piedi che da quel
punto rischia di essere messi sotto? Niente paura. Anche
su questo si pronuncia la Cassazione. "A parte
infatti il carattere del tutto eccezionale della
circostanza che, come tale non è presa in considerazione
dal legislatore, ….i ciclisti … che conducono i
veicoli a mano …sono assimilati ai pedoni e devono usare
la comune diligenza e la comune prudenza. … il
ricorrente, prima di salire in bicicletta, e procedere sul
lungarno, doveva rendersi conto, per la sicurezza del
traffico e per la propria incolumità, che gli era vietato
il transito nel senso da lui imboccato.". Veramente,
in mancanza di un cartello, in quel punto, se non passa
una macchina, non è possibile nemmeno rendersi conto che
si sta abbandonando l’area pedonale. Volendo poi
accertare se il traffico è aperto nei due sensi, si potrà
pazientare per ore, o magari per giorni, secondo il grado
di prudenza o di diligenza di ciascuno, nella vana attesa
di un veicolo proveniente dal senso vietato. Alla luce di
queste riflessioni la decisione della Cassazione mi lascia
alquanto perplesso. Sospetto che si fondi su una logica
"velocratica", laddove velo, purtroppo, non sta
per velocipede, ma per velocità. Una logica che sanziona
l’automobilista solo in caso di omessa osservanza di
segnali chiari e di regole ben note, mentre prescrive al
ciclista di accertare i divieti ricorrendo a prudenza e
buonsenso. C’è poco da stupirsene, specialmente nella
nostra città, dove la segnaletica stradale per i ciclisti
è considerata un’opzione senza importanza, trascurata
da tutti, a cominciare dall’amministrazione. A quanti ne
volessero una prova, basti osservare il segnale di divieto
che campeggia all’imbocco del viale delle Cascine, meta
preferita dei fiorentini per una pedalata.
Gennaro
Guida
scusateseinsisto@inwind.it
Sentenza
della Corte di Cassazione
Invece di agevolare la mobilità ciclabile... la si
reprime?
Un altro
caso a Firenze, una multa ad un ciclista che andava nel
senso contrario di marcia.
Fin qui niente di strano. Però, come riporta La Nazione,
il ciclista usciva da una via pedonale (dove poteva
portare la bici a mano) e nessuna segnalazione era apposta
alla fine per indicare che la via di sbocco era a senso
unico.
Non importa, sei un ciclista .... che diritti credi di
avere?
Multato e la Cassazione respinge il ricorso, confermando
ancora una volta ai più alti livelli l'italica politica
"anti- ciclisti urbani".
Lo slogan è sempre quello "arrangiatevi e subite
senza fiatare le imposizioni dettate dalla predominanza
del traffico autoveicolare".
Mentre le normative che tutelano la mobilità ciclabile
(poche a dir la verità) vengono regolarmente violate
senza che nessuno intervenga.
Sono pochi in Italia i Comuni che hanno realizzato corsie
ciclabili "contromano", per favorire la
mobilità ciclabile nei centri storici urbani (dove
spesso, per la ristrettezza delle strade esistono molti
sensi unici che costringono gli autoveicoli a lunghi
"giri dell'oca", assurdi e disincentivanti per
chi usa le proprie gambe).
Riportiamo di seguito il Comunicato Stampa della FIAB. Informazioni
generali:
- La
notizia su La Nazione
- L'ironico
intervento dell'Aduc
Milano, 4
ottobre 2004
comunicato stampa CONFERMATA
DALLA CASSAZIONE MULTA A CICLISTA CHE CIRCOLAVA
CONTROMANO?
MA IL TRANSITO DELLE BICI NEI DUE SENSI DI MARCIA SU
STRADE A SENSO UNICO PUO' ESSERE REGOLAMENTATO DA APPOSITA
SEGNALETICA. FORSE NESSUNO LO SA La
Repubblica di giovedì 30 settembre, a pag. 25, ha dato
notizia di una sentenza della Corte di Cassazione che,
confermando la multa inflitta ad un ciclista che circolava
in bicicletta contromano a Firenze, ha sottolineato che il
codice della strada vale anche per i ciclisti. Benissimo.
Ma forse non tutti sanno che il transito delle biciclette
nei due sensi di marcia lungo strade a senso unico può
essere consentito, quindi regolamentato, dalla stessa
Amministrazione comunale. Come? Apponendo apposita
segnaletica orizzontale (corsia ciclabile) e verticale.
Tale provvedimento, insieme ad interventi di moderazione
del traffico e della velocità come l'introduzione e
l'estensione del limite dei 30 Km/h nei centri urbani,
sarebbe una boccata d'ossigeno per le nostre città sempre
più strette dalla morsa del traffico. Invece
nessuno giudice interviene per far applicare le norme -
poche in verità - a tutela delle biciclette.
Come l'art. 10 della legge n. 366/98 sulla mobilità
ciclistica che obbliga gli enti proprietari delle strade a
realizzare piste ciclabili in sede di costruzione di nuove
strade o di manutenzione di strade esistenti, o come
l'art. 18 della legge 472/99 in materia di Trasporti, a
destinare il 10% dei proventi delle multe alla
realizzazione di interventi a tutela della sicurezza
stradale di pedoni, ciclisti, disabili, bambini e anziani. Lello
Sforza
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