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Quattroruote
(il giornale degli automobilisti) propone il casco obbligatorio
per i ciclisti ... Fiab risponde
Comunicato
Stampa
Lettera a
Quattroruote di Edoardo Galatola
Rassegna
stampa
Documentazione in rete per approfondimenti
Quattroruote
ha pubblicato, nell’ultimo numero in edicola, un articolo dal
titolo “vogliamo il casco obbligatorio” (lo
trovate qui), la questione è stata ripresa da
Repubblica-Motori e ha scatenato una dura reazione da parte del
movimento #Salvaiciclisti (Casco
per ciclisti, è polemica #Salvaciclisti: "Non serve").
La FIAB, come è noto da sempre favorevole all'uso del casco ma
fermamente contraria alla sua obbligatorietà, senza entrare
in polemica ha voluto ribadire le ragioni "tecniche"
della propria posizione (che è poi la stessa di tutta l'ECF,
comprese le grandi associazioni di ciclisti urbani del nord Europa), con un proprio COMUNICATO STAMPA.
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Comunicato Stampa della FIAB
INUTILE INVOCARE
L'INTRODUZIONE DELL'OBBLIGO DEL CASCO IN BICICLETTA
FIAB SCRIVE ALLA RIVISTA "QUATTRORUOTE"
COLLABORIAMO INSIEME PER L'EFFETTIVA SICUREZZA DEI
CICLISTI
DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE ANTONIO DALLA VENEZIA
Leggiamo
su Repubblica Motori la proposta di Quattroruote, rivista
dell'auto, di rendere obbligatorio il casco per i
ciclisti. La proposta non è nuova ed è già stata
respinta dal Parlamento italiano perchè ritenuta più
dannosa che utile.
La FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta
Onlus, è favorevole a promuovere l'uso del casco, ma
nettamente contraria a renderlo obbligatorio. Questa è
anche la posizione dell'ECF, la Federazione dei Ciclisti
Europei, di cui la FIAB fa parte e che rappresenta
centinaia di migliaia di ciclisti in tutta Europa.
Le motivazioni tecniche di tale contrarietà sono ben
illustrate sui siti FIAB ed ECF (breve sintesi per es. http://fiab-onlus.it/salvaiciclisti/component/content/article/58-casco.html),
ma soprattutto tale obbligo, raro nel mondo, non sussiste
nei Paesi europei più "ciclistici" (Germania,
Olanda, Danimarca, ecc.), in altri più simili all'Italia
(es. Francia) e negli unici dove è stato introdotto
(Australia ad esempio) ha dimezzato l'uso della bicicletta
senza ridurre percentualmente la mortalità.
E' dimostrato invece che l'aumento dei ciclisti in
circolazione riduce l'incidentalità per tutti, mentre la
riduzione ne raddoppia il rischio. L'obbligo è anche
stato respinto di recente dal Parlamento svizzero, dopo
intense consultazioni con esperti del settore.
Non è invece appropriato il confronto con l’obbligo
esteso alle moto, a cui erroneamente ci si riferisce per
dimostrare l’utilità di un provvedimento a cui i
ciclisti si opporrebbero in modo miope. Infatti i caschi
per moto sono omologati per impatti fino a 70 km/h e
quindi proteggono da investimenti e cadute fino a questa
velocità, mentre i caschi per bici, del tutto diversi in
quanto necessariamente aerobici, sono omologati fino a 23
km/h e quindi non proteggono né dagli investimenti né da
cadute ad alta velocità (vedi quanto successo lo scorso
anno a Weylandt), ma solo da cadute del ciclista da solo,
con lo stesso rischio di un pedone che inciampa e cade per
terra.
L'uso quotidiano della bicicletta, cui oggi in Italia si
fa sempre più ricorso anche per ragioni economiche, non
deve essere scoraggiato con provvedimenti di tal genere,
inefficaci per la sicurezza, ma al contrario dovrebbe
costituire un elemento portante delle politiche per la
mobilità ed incentivato con scelte mirate.
Da alcuni anni la FIAB, unica associazione nazionale dei
ciclisti urbani attiva da 25 anni, e più recentemente
altri movimenti spontanei (come ad es. Salvaiciclisti)
propongono provvedimenti simili a quelli realizzati in
Europa: moderazione del traffico, zone 30, reti di piste
ciclabili, modifiche del codice stradale a favore della
bicicletta (vedi il testo della recente audizione in
commissione Trasporti della Camera
http://documenti.camera.it/_dati/leg16/lavori/stencomm/09/indag/codice/2012/0418/INTERO.pdf),
interventi sulle cause dell'incidentalità, (cioè il
traffico motorizzato), lo sviluppo di un Piano Nazionale
per la Mobilità Ciclistica e l’istituzione di un
Servizio Nazionale della Mobilità Ciclistica, ecc.
Proposte per ora giacenti inevase in Parlamento ed anche
recentemente non approvate in commissione Trasporti nel
testo base della legge delega sulla riforma del Codice
della Strada, ma che saranno riproposte in Aula.
Se quindi le uniche proposte aprioristiche per la
“sicurezza dei ciclisti” fossero quelle finalizzate a
tutelare i ciclisti da sé stessi, in quanto non in grado
di intendere e volere, con provvedimenti inefficaci e
controproducenti come quello in oggetto, FIAB continuerà,
con dati alla mano, a manifestare la sua ferma
opposizione.
Se invece Quattroruote, Repubblica o qualunque altra
testata nazionale fossero davvero interessate a
contribuire alla sicurezza dei ciclisti, come di tutti gli
utenti della strada, troveranno in FIAB la massima
disponibilità, insieme a competenza e passione.
Le attività da svolgere fin da subito sono tante.
Prioritariamente: campagne educative verso tutti gli
utenti della strada, e fra queste la promozione dell'uso
facoltativo del casco per i ciclisti; campagna di FIAB,
ECF e Salvaiciclisti per la copertura assicurativa INAIL
sul percorso casa-lavoro in bicicletta, che ha già
l'adesione di numerosi Comuni, Regioni e personalità
varie (vedi http://www.bici-initinere.info/). |
Il Comunicato
Stampa è stato ripreso
da Repubblica Motori con un commento francamente fuori luogo,
visto che FIAB mai ha parlato di lobby (cosa che invece ha fatto
Quattroruote nei nostri riguardi già nell'articolo iniziale,
salvo poi lamentarsi che parlare di lobby è una forzatura, in
risposta del primo intervento del movimento Salvaiciclisti ... un
po' di confusione in testa sui toni da usare evidentemente ce
l'hanno loro!!)
In seguito anche Edoardo Galatola, responsabile sicurezza della
FIAB ha scritto al Direttore di Quattroruote.
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Lettera a Quattroruote di Edoardo Galatola
Gentile dott.
Cavicchi,
sono il responsabile sicurezza della FIAB.
Ho letto con attenzione l’interessante articolo da voi
pubblicato sulla sicurezza dei ciclisti e mi piacerebbe
rispondere in modo ponderato, rifuggendo i proclami e le
logiche contrappositive, dato che credo siamo tutti
interessati allo stesso obiettivo, ovvero strade più
sicure e più vivibili.
Ben venga quindi parlare di regole di convivenza,
soprattutto perché la convivenza è rispetto reciproco.
Rispetto è però anche riconoscimento del diritto ad
essere tutti utenti della strada con pari dignità e non
secondo la legge del più forte.
L’analisi da voi pubblicata parte da alcuni dati
oggettivi: c’è stata una riduzione dell’incidentalità
sulle strade, questa riduzione ha interessato tutti gli
utenti della strada, ma si è verificata in maggior misura
tra le quattro ruote rispetto alla cosiddetta utenza
debole (moto, bici e pedoni); si sta registrando un
aumento della domanda di ciclabilità.
Da tutte queste premesse corrette, la conclusione pare
più un assioma che un’analisi. Infatti nell’articolo
si afferma che: dato che le morti in bicicletta sono
diminuite (-21% in dieci anni), ma meno che in moto
(-24,6%), che in moto il casco è obbligatorio, che il 75%
dei decessi in bici è dovuto a lesioni a collo e testa
(dati USA), ne consegue che per garantire la sicurezza dei
ciclisti occorre prevedere anche per loro il casco
obbligatorio.
Prima di affrontare l’argomento in modo più scientifico
e non emotivo, mi permetto di far osservare che il
sillogismo non funziona.
Se il -21% in bici è stato ottenuto senza casco
obbligatorio mentre il -24,6% in moto è stato ottenuto
(tra l’altro) con l’introduzione del casco
obbligatorio, non mi sembra che la necessità risulti
così inoppugnabile. Se in bicicletta i feriti sono
aumentati mentre in moto sono diminuiti ciò dipenderà
dalle condizioni di traffico e non dal casco, dato che l’efficacia
o meno dello stesso la posso verificare solo dalla
gravità delle conseguenze e quindi dall’andamento dei
decessi. Ma soprattutto dire che, data l’efficacia dell’introduzione
del casco obbligatorio in moto, questo strumento sarebbe
risolutivo anche per la bicicletta equivarrebbe a proporre
l’obbligatorietà delle cinture di sicurezza per i
ciclisti dato che sono state efficaci per gli
automobilisti: il casco della moto e quello della bici non
sono infatti uguali, come chi va in bicicletta sa bene,
dato che cambiano le condizioni d’uso è le
caratteristiche di protezione.
Lasciando perdere i sillogismi vorrei invece motivare
analiticamente la nostra posizione sull’obbligatorietà
dell’uso del casco, dato che se questa fosse davvero una
difesa corporativa (come spesso viene dipinta
semplicisticamente) la troverei insostenibile, essendo in
primis interessati alla tutela della salute nostra e di
tutti i ciclisti (ma anche di tutti gli utenti della
strada).
La prima considerazione riguarda l’utilità dell’uso
del casco. A questa domanda rispondiamo che sicuramente il
casco è utile. È una protezione aggiuntiva alla testa
che è la parte più vulnerabile in caso di caduta. Siamo
favorevoli all’uso del casco e, a scanso di equivoci,
come Associazione ne incentiviamo l’utilizzo con l’esempio,
con la formazione e con campagne mirate.
Diverso è il discorso riguardo l’efficacia: a
differenza del casco per la moto, per permettere una
respirazione aerobica il casco del ciclista è più
leggero (materiali più poveri) e non arriva a proteggere
il mento, per cui è certificato per impatti fino a 20
km/h con rilasci di energia di circa 100 joule. In
particolare l’omologazione è codificata dalla norma
tecnica UNI EN 1078 per la quale “I caschi a norma
devono superare le seguenti prove: assorbimento degli urti
fino alla velocità di 19,5 km/h” (pari a 12 mph).
Al di sopra di queste velocità (tipiche della cosiddetta
caduta da solo) non si ha alcuna garanzia. Il casco è
quindi ininfluente negli investimenti da mezzi
motorizzati. Poiché questi ultimi rappresentano la quasi
totalità degli incidenti gravi e mortali (pari a circa il
93%) ne consegue che il casco aiuta (negli incidenti
minori) ma non salva (in quelli gravi).
A riprova di ciò basti l’esempio del povero Weylandt,
morto l’anno scorso durante il giro d’Italia, con un
casco che si è spezzato essendo avvenuta la caduta a
circa 70 km/h (velocità tipica di un investimento
stradale).
La questione se risulta opportuno prevederne l’obbligatorietà
diventa delicata, dato che trattasi di un problema di
analisi costi-rischi-benefici. Sicuramente proteggerebbe
dalla caduta sfortunata (e rara) a bassa velocità con
battuta della testa contro lo spigolo del marciapiede, ma
in tal caso occorrerebbe prescriverlo obbligatoriamente
anche per i pedoni (il rischio è lo stesso).
A livello sociale le conseguenze dell’obbligo sarebbero
però devastanti. L’introduzione obbligatoria ha sempre
portato alla riduzione (dimezzamento) del numero dei
ciclisti in tutti i paesi dove si è verificata. Ma tutti
gli studi confermano che la prima misura di sicurezza per
i ciclisti è la presenza di un alto numero di ciclisti
nel traffico. La conseguenza del provvedimento sarebbe che
paradossalmente il casco obbligatorio aumenterebbe il
rischio per i ciclisti superstiti.
E per quanto concerne i bambini? I bambini sono in teoria
più vulnerabili. Anche in questo caso occorre osservare
che i bambini sotto i 14 anni rappresentano un gruppo
eterogeneo. C’è una notevole differenza tra un bambino
fino ad 11 anni ed uno che va alla scuola media. Le
statistiche inoltre dicono che sotto i 14 anni gli
incidenti mortali riguardano meno del 3% di tutti i casi
(a fronte di oltre il 50% per gli over 60) e tra questi il
casco non sarebbe comunque risolutivo.
Altre evidenze ci dicono che tutti i paesi ad alta
ciclabilità non prevedono il casco obbligatorio e che non
è stata rilevata alcuna correlazione tra uso del casco
obbligatorio (dove previsto) e riduzione dell’incidentalità
per km (negli USA il tasso di utilizzo è circa del 40%,
ma l’incidentalità per km è doppia rispetto all’Italia,
in Olanda l’incidentalità è un terzo della nostra
senza l’uso del casco).
Nell’articolo di quattro ruote sono riportati tutti i
paesi (pochi) in cui il casco per bici è obbligatorio.
Nessuno di questi è ad alta ciclabilità. In Canada dove
si è tenuto l’ultimo Velocity, stanno ragionando sulla
possibilità di fare marcia indietro. In Australia (dove i
ciclisti si sono fortemente ridotti) non è stata rilevata
una riduzione misurabile dell’incidentalità.
Per questi motivi
la posizione FIAB, comune peraltro a tutte le associazioni
aderenti ad ECF, è favorevole all’uso del casco e
contraria all’obbligo
Caro Direttore,
mi piacerebbe pertanto uscire dallo sterile dibattito
casco sì o casco no per discutere in maniera più ampia
di sicurezza stradale, riforma del Codice, politiche di
mobilità sostenibile, politiche dei trasporti, infortunio
in itinere. Se la sua autorevole rivista è interessata
noi abbiamo molte proposte che abbiamo anche presentato in
un pacchetto organico e che speriamo trovino ampia
convergenza.
La prego però di evitare scivolate come definirci la “lobby
dei ciclisti” in contrapposizione alla “lobby dell’auto”:
credo che la sproporzione di risorse sia evidente a tutti,
a meno che non vogliate finanziarci per farci uscire dal
volontariato, nel qual caso ne possiamo riparlare. Non
dimentichiamo comunque che il dibattito riguarda i mezzi
di trasporto: le persone, che questi mezzi usano, invece
possono essere contemporaneamente ciclisti, pedoni,
automobilisti, basta che nel dibattito si guardi sempre al
bene comune.
Cordialmente
Edoardo Galatola
Responsabile Sicurezza FIAB |
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Rassegna stampa
Altri
interventi sui blog di noti esponenti del movimento Salvaiciclisti:
- Blog di Paolo Pinzuti sul Fatto Quotidiano: Il
casco obbligatorio per gli automobilisti
- Scambio epistolare di Paolo Pinzuti nel suo Blog Personale
Piciclisti: CASCO
OBBLIGATORIO. Uno scambio epistolare con il direttore di
Quattroruote
- Bicisnob: Il
casco, ovvero strategie di distrazione di massa
- Livingston,
il blog di Marco Mazzei: Quattroruote
e Repubblica Motori si schierano al fianco dei ciclisti, quelli
che smettono di andare in bicicletta. Un brutto caso di
giornalismo schierato e disinformato
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Documentazione in rete per approfondimenti
Altra documentazione già da
tempo presente nel sito FIAB
COMUNICATO STAMPA NO
AL CASCO OBBLIGATORIO
approfondimenti:
ECF contro le leggi per l'obbligatorietà
FIAB contraria
all'obbligatorietà (2008)
Una
norma inutile e controproducente
Campagna contro proposta di legge del 2010
Documentazione
in siti esteri (Inglese)
- “Cycle
– helmets brf” and “Cycle-helmets-(the-evidence)
brf”; two documents from CTC that they produced when the
British Government was looking to introduce helmet laws. The
documents were written to persuade the British Government against
helmet laws. They contain many of the arguments and many of the
research articles
- Here is the link to a website
that has all the research as well as much critique http://www.cyclehelmets.org
- ECF website has links to
articles and brief summaries of arguments here: http://www.ecf.com/road-safety/helmets-and-reflective-vests/
ECF brochures here:
Aggiornamenti
2.8.2012 - The Times: Should
bike helmets be compulsory?
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