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 SENTENZA SCONCERTANTE A FERRARA

Andare a 70 all'ora in città e uccidere un ciclista non è una colpa! Una sentenza incredibile del giudice di Ferrara Silvia Migliori, che ha accettato la versione del perito secondi cui il ciclista sarebbe stato ucciso anche se la velocità fosse stata di 50 km all'ora.

Ecco la lettera che la nostra associazione Amici della Bicicletta di Ferrara ha scritto ai giornali:

È con sconcerto che apprendiamo dai giornali la notizia dell’assoluzione dell’automobilista che investì e uccise Gilles Donald Djoumessi Nguimfack l’11 marzo 2009 in via S. Giacomo in sella alla sua bicicletta.
Rispettiamo le sentenze della magistratura, anche quando sono profondamente discutibili. Gilles, infatti, questa la motivazione del perito e fatta propria dal gup Silvia Migliori, come riportato dal carlino, probabilmente sarebbe morto anche se il furgone che lo investì avesse proceduto nei limiti di velocità di 50 km/h.
Se questa è la motivazione, e non abbiamo motivo di dubitare della correttezza professionale dei giornalisti, ci sentiamo di respingerla per la semplice ragione che le sentenze dei tribunali dovrebbero essere emesse sulla base dei dati oggettivi e non delle supposizioni e i dati oggettivi, come è emerso nel processo, dicono che il conducente del furgone procedeva a 70 km/h, ad una “velocità non consona allo stato dei luoghi”, ben oltre i limiti di velocità per i centri abitati, come riportato dal suo giornale, e dunque vi fu colpa. Vogliamo pure ammettere che vi fu un concorso di colpe per la condotta del ciclista, ma ciò non rende meno grave la colpa di chi con un mezzo motorizzato procedeva in città oltre i limiti consentiti.
Anche volendo accogliere l’argomentazione del perito che l’impatto a 50 km/h avrebbe comunque causato la morte di Gilles, ciò dimostra soltanto una cosa che andiamo ripetendo da anni: la velocità dei mezzi a motore è incompatibile con la vita delle città e a rimetterci sono sempre gli utenti più deboli della strada cha hanno pari diritti rispetto a tutti gli altri, e forse anche qualcuno in più in termini di tutela per il fatto stesso di essere deboli, se solo si volessero adottare misure strutturali per ridurre la velocità nei mezzi a motore nei centri abitati. Ma questa è una responsabilità politica e non della magistratura alla quale spetta di emanare sentenze congrue con i fatti oggettivi. Resta il fatto che con questa sentenza si è consumata un’ingiustizia ai danni di un cittadino extracomunitario i cui parenti e amici non avranno la possibilità di fare ricorso in appello per veder riconosciuto alla famiglia un giusto risarcimento danni.
 
Il direttivo dell’Associazione Amici della Bicicletta

Il commento di Eugenio Galli dell'ufficio legale della FIAB:

Se è vero che nel reato colposo l’evento si verifica a causa della negligenza o imprudenza o imperizia dell'agente stesso, ovvero a causa della sua inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43 cod. pen.), davvero non si capisce come si possa ritenere esente da colpa, e mandare assolto, il conducente di un veicolo che, procedendo in ambito urbano ben oltre i limiti di velocità consentiti, e dunque con evidente inosservanza di norme e altresì con grave imprudenza, cagionava la morte di un ciclista che si era venuto a trovare sulla traiettoria del mezzo.

Dice il perito, a quanto si apprende dai giornali, che “il furgone (che viaggiava ad una velocità non consona allo stato dei luoghi) anche ad un’andatura più contenuta non è detto che avrebbe potuto evitare l’impatto col ciclista”.

La logica seguita ci pare abnorme: con una torsione concettuale che pare configgere con il comune buon senso, si parte da una colpa evidente per arrivare alla negazione della responsabilità penale. Per giunta in un caso di omicidio.

Speriamo che nulla abbia a che fare, in questo ragionamento, il fatto che il ragazzo deceduto fosse originario di un Paese straniero. In ogni caso, confidiamo che questa decisione venga spiegata e resa comprensibile a tutti i cittadini, nel cui  nome la Giustizia viene amministrata.

 

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