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Proposta di legge per il riconoscimento dell’infortunio in itinere

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 Tuteliamo chi sceglie la bicicletta per andare al lavoro


Proposta di legge per il riconoscimento dell’infortunio in itinere



Agosto 2011

“INFORTUNIO IN ITINERE” IN BICICLETTA: A CHE PUNTO SIAMO
Nonostante una petizione della FIAB, con oltre 10.000 firme raccolte alla data del 10 febbraio 2010 supportata dall’’adesione formale di diversi Enti locali e territoriali e diverse richieste inoltrate agli Organi preposti, il trattamento dell’infortunio in itinere per il ciclista non è ancora stato modificato. E la bici, lungi dall’essere considerata con favore anche per i positivi impatti sulla salute, il traffico, l’inquinamento delle città, in quanto mezzo privato è a tutti gli effetti equiparata all’auto. Così, chi subisce un infortunio nel tragitto casa-lavoro, per essere risarcito dall’Inail, deve dimostrare che l’utilizzo della bici era effettivamente “necessario”. 

Un riepilogo dei fatti. a cura di Eugenio Galli (
Responsabile Servizio legale FIAB)

 

1.      Fra le disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro contenute nel decreto legislativo n. 38 del 23.2.2000, l’articolo 12 introduce la copertura assicurativa del lavoratore durante i suoi spostamenti, cioè per i cd. “infortuni in itinere”, dandone la seguente definizione:

«Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida».

 

2.      Ancorandosi a questo testo, che è la traduzione legislativa di principi di natura giurisprudenziale, si è andata costruendo un’interpretazione che, forse tesa a contenere le richieste di indennizzo, finisce col penalizzare anche chi sceglie la bici per i propri spostamenti.

Espressione di questa interpretazione è una distinzione tra mezzi privati e pubblici, con una netta opzione a favore di questi ultimi basata sull’assunto che il “mezzo pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione ai rischi derivanti dalla circolazione stradale” (così Cass., Sezione Lavoro, sent. 17.1.2007 n. 995).


Rispetto alla dicotomia appena citata, la bicicletta viene considerata alla stregua di qualsiasi mezzo di trasporto privato. E pertanto al ciclista che, lungo il tragitto quotidiano casa-lavoro, subisce un infortunio, viene negata la copertura assicurativa dell’Inail, salvo che egli provi la effettiva necessità di utilizzare la bici, anziché servirsi del trasporto pubblico.

                                           

E’ una impostazione sulla quale non si può essere d’accordo.

Intanto, affermare che il mezzo pubblico costituisce oggi lo “strumento normale” per la mobilità delle persone suona quasi più come un condivisibile auspicio, che non una realtà effettiva: diciamo che, da questo punto di vista, gli standard italiani non sono così soddisfacenti... Ma, soprattutto, l’interpretazione citata sembra andare ben oltre i propri fini, perché equiparare la bici all’auto non è probabilmente il modo più efficace per disincentivare l’uso del mezzo privato a motore a favore del trasporto pubblico.

 

3.      Sulla base di queste premesse, FIAB aveva quindi lanciato una petizione per chiedere al Parlamento che, con una modifica legislativa, l’uso della bicicletta venisse «comunque coperto dall’assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico». Le oltre 10.000 firme raccolte, fra cui anche alcune adesioni istituzionali, sono state consegnate ai parlamentari “amici della bici”, nel febbraio 2010, ma, da allora, non abbiamo notizia di sviluppi su questo tema.

 

4.      Parallelamente, il Servizio legale della FIAB, nel settembre 2010, inviava una richiesta alla Direzione generale dell’INAIL per chiedere un intervento sulla mobilità in bici casa-lavoro.

Tale richiesta andava anche a supporto della precedente petizione, ma, partendo da alcune esperienze di bike sharing realizzate in Italia, sottolineava altresì come sia stata talora evidenziata la valenza strategica del servizio di bici condivise in un’ottica di servizio pubblico. In una tale cornice, si deve ritenere che quantomeno l’utente del bike sharing, in caso di infortunio in itinere, sia equiparato all’utente del servizio di pubblico trasporto.

 

5.      A giugno, non essendo pervenuta alcuna risposta da parte dell’INAIL, il Servizio legale della FIAB sollecitava un riscontro, inserendo questa volta fra i destinatari anche il Ministero del lavoro, da cui funzionalmente dipende l’Ente assicurativo nazionale.

 

6.      Qualche settimana dopo, la FIAB riceveva una risposta dalla Direzione Centrale prestazioni dell’INAIL che, seppure rinviando a un successivo parere del Ministero, pareva aprire per la prima volta un possibile spiraglio, affermando che «[...] la peculiarità dell'interpretazione che l'INAIL intenderebbe adottare in merito alla indennizzabilità degli infortuni occorsi alla guida di tale mezzo di trasporto privato rende necessaria tuttavia una verifica al fine di conoscere l’avviso in materia del Ministero del lavoro».

 

7.      Tuttavia, il parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pervenuto alcuni giorni fa, conferma l’interpretazione tradizionale affermando che l’indennizzo «si fonda sul principio generale del rischio elettivo, in base al quale: l’infortunio non deve derivare da un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze personali che non hanno alcuna connessione con lo svolgimento dell’attività lavorativa».

 

Il Ministero ricorda che la «giurisprudenza recente si è espressa sul criterio della “necessità” del mezzo privato» ritenendo che questa vada giustificata «secondo un “criterio di ragionevolezza”, intendendo con ciò far riferimento non solo alle esigenze dell’attività lavorativa, ma anche alle esigenze di vita del lavoratore (umane, familiari ed economico-sociali) tutelate dall’ordinamento».

 

Dunque, il Ministero del lavoro, concordando con l’Inail (nota 3663 del 21.06.2011), afferma che «l’eventuale mancanza del requisito della necessità, equivale ad una libera e volontaria scelta di utilizzo della bici e quindi di esposizione ad un rischio maggiore rispetto a quello derivante dall’utilizzo di un mezzo pubblico» (rischio maggiore rappresentato dal fatto di porsi in circolazione lungo una strada aperta al traffico di veicoli a motore) che, secondo questa impostazione, interrompe la risarcibilità del danno.

 

E, per quanto concerne la nostra richiesta relativamente alla tutela in itinere per gli utenti dei servizi di bici in condivisione, il Ministero dichiara che «il servizio di bike sharing non può essere considerato un  servizio di trasporto pubblico» giacché, in base alla norma di riferimento, «non rileva la proprietà del mezzo di trasporto utilizzato, che può essere del lavoratore o di un terzo, ma rileva il controllo che il lavoratore può esercitare sulla conduzione dello stesso, e sulle condizioni di rischio legate alle scelte di guida del mezzo».

In conclusione, secondo il Ministero del lavoro, «le misure proposte sono da ritenersi inconciliabili con l’assetto assicurativo previsto dalla legislazione in materia».

 

8.      FIAB ritiene che questa interpretazione, per un eccesso di formalismo, non tenga nella dovuta considerazione le esigenze della mobilità sostenibile, che sono già contenute anche nella normativa vigente  comunitaria, nazionale e regionale (sinteticamente riferibili alla prevenzione del rischio, al miglioramento del traffico e della sicurezza stradale, alla promozione della salute e di una mobilità attiva) e che non solo costituiscono comportamenti virtuosi per i positivi effetti indotti, ma verosimilmente costituiscono anche il titolo giustificativo di una eventuale disparità di trattamento tra mezzi privati (auto vs. bicicletta), tale da configurare un legittimo caso di trattamento diverso di situazioni differenti.

Per questo motivo, la FIAB ha deciso di intraprendere azioni sia nei confronti del Ministero per contestare il parere da ultimo citato, sia nei confronti dei parlamentari amici della bici, per chiedere che venga finalmente adottata la proposta di legge sul tema dell’infortunio in itinere già avanzata dalla nostra Federazione.

 

9.       Nel frattempo, chi può, si organizza. Segnaliamo a tale proposito una interessante iniziativa della Regione Lombardia volta ad agevolare l’utilizzo della bicicletta da parte dei propri dipendenti, per gli spostamenti a Milano, sia per motivi di lavoro, sia per motivi personali.

 Il Mobility Manager ha stipulato con Clear Channel, la società che gestisce BikeMi, il servizio milanese di bike sharing, una convenzione per l’acquisto di abbonamenti annuali per i dipendenti regionali a prezzo agevolato. Per rendere il servizio ancora più efficiente, Regione Lombardia garantisce la copertura assicurativa in caso di infortunio e di danni diretti e indiretti causati a terzi anche nel tempo libero e nei giorni non lavorativi (festività, ferie, assenze dal lavoro a qualsiasi titolo). Per i dipendenti che si spostano in città per motivi di lavoro sono, inoltre, a disposizione 20 tessere gratuite di “abbonamento aziendale”.

 

Eugenio Galli

Responsabile Servizio legale

 

 

   

http://www.eius.it/giurisprudenza/2007/009.asp

http://www.studiogrisafi.com/ass1.html

http://www.who.int/dietphysicalactivity/factsheet_recommendations/en/index.html

http://injuryprevention.bmj.com/content/9/3/205.abstract

http://safetrec.berkeley.edu/newsletter/Spring04/JacobsenPaper.pdf

 

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