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Critical
Mass
Critical
mass e FIAB
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Fiab e Critical Mass -
anno 2004
Il
possibile futuro dei movimenti cicloambientalisti in Italia
di Luigi Riccardi (Presidente
Fiab-onlus) e Eugenio Galli (Presidente Fiab-Ciclobby di Milano)
“Bici, una pacifica invasione
nelle città malate di traffico: i ciclisti urbani rivendicano il loro
diritto a pedalare”. Così recentemente titolava a tutta pagina un
importante quotidiano nazionale.
Ma chi sono questi ciclisti urbani? Chi li rappresenta? Chi si occupa di
loro?
Fino a non molto tempo fa, in Italia non esistevano realtà organizzate,
diverse dalla FIAB e dalle associazioni ad essa federate, che realizzassero
azioni e muovessero rivendicazioni e proposte sui temi della mobilità
sostenibile in bicicletta. La FIAB, insomma, si presentava come unico
soggetto promotore e di riferimento, di riconosciuta competenza ma spesso
poco incisivo: una sorta di monopolista marginale, una voce isolata e fuori
dal coro.
Quella marginalizzazione delle nostre realtà associative era forse il
frutto della rappresentazione comune della bici, e della contaminazione
culturale da essa prodotta, che ne faceva soprattutto un mezzo per la
pratica sportiva e, nel migliore dei casi, escursionistica: predominante era
cioè l’interesse per il tempo libero.
Oggi, nelle città malate di traffico, la bicicletta riacquista finalmente
-e a pieno titolo- anche il valore di mezzo di trasporto. E, con esso,
sollecita l’interesse di molti soggetti, anche economici, e risveglia l’attenzione
dei media da un lungo torpore.
A questo proposito alcune importanti novità sembrano ormai prossime ad
affacciarsi.
Ci riferiamo in particolare al ruolo che il fenomeno del Critical Mass
sembra destinato ad assumere in Italia.
Alcuni fatti suggeriscono riflessioni.
Lo scorso dicembre, in occasione della IX Conferenza internazionale delle
Parti sull’applicazione del Protocollo di Kyoto sui mutamenti climatici
(brevemente, CoP9), un raggruppamento ampio e trasversale di associazioni e
movimenti -da Fiab a Legambiente, dal WWF a Italia Nostra e molti altri-
diede vita a un cartello di iniziative, culminate con una manifestazione in
bicicletta denominata “Stop Global Warming”. In quella stessa giornata
un altro corteo di ciclisti, colorato e festoso, attraversava la città con
una scelta di autonoma visibilità: era il gruppo del Critical Mass, che si
muoveva in direzione opposta a quella della manifestazione principale.
Ancora a Milano, da sempre il laboratorio che anticipa sviluppi di rilevanza
per l’intero Paese, si è recentemente costituita un’associazione, dall’evocativo
nome +bc, che risulta molto vicina all’area del Critical Mass e che
intende rappresentare esigenze e interessi dei ciclisti urbani.
Buon ultimo, il Manuale di sopravvivenza ciclica urbana, da poco
edito da Terre di Mezzo, fotografa questa multiforme realtà che sta
emergendo a livello nazionale sotto le insegne delle “coincidenze
organizzate”. Una realtà tanto concreta da essersi data un appuntamento
nazionale: il prossimo 29 maggio si svolgerà infatti a Roma il primo raduno
nazionale delle Critical Mass locali.
E’ su questi fatti che deve innestarsi una adeguata riflessione da parte
nostra.
Da segnali come quelli sopra ricordati sembra probabile infatti che in un
futuro che pare ormai prossimo - così come in Italia è già avvenuto
storicamente nel mondo sindacale e più di recente tra le associazioni
ambientaliste e nella rappresentanza dei consumatori - anche i ciclisti, ed
in particolar modo i ciclisti urbani, a livello nazionale saranno divisi
nella loro rappresentanza tra più soggetti.
Anche la FIAB, dunque, dovrà saper affrontare il confronto e la relazione
con altri soggetti rappresentativi degli stessi interessi di cui essa è
stata portatrice esclusiva per oltre un decennio.
Se questa moltiplicazione della rappresentatività è indubbiamente un
segnale positivo, perché stimola al confronto e perché convoglia più
persone ad occuparsi di mobilità in bicicletta, essa , per la nostra
realtà, potrebbe anche costituire un possibile limite: il rischio che l’esperienza
e le competenze maturate e acquisite nella FIAB a livello locale, regionale
e nazionale, facendone un riconosciuto centro di competenza, vengano
disperse anziché essere valorizzate e capitalizzate tra tutti i nuovi
soggetti.
Se non vogliamo dunque che da questa proliferazione discenda una
frammentazione e quindi un indebolimento, anziché un rafforzamento dell’azione,
da qui e sin da ora emerge chiara l’esigenza che si debba adottare tra
tutti i nuovi soggetti una linea comune, che può essere riassumibile nella
formula, certamente non nuova: “marciare divisi per colpire uniti”.
Solo così i ciclisti urbani quotidiani, e non solo quelli associati o “movimentisti”,
potranno veramente giovarsi delle forze nuove in campo, di un incremento
effettivo della loro rappresentanza, di un’amplificazione della loro voce
di utenti delle strade, trovando finalmente, anche a livello istituzionale e
dei mass media, un’attenzione sin qui negata o resa estremamente difficile
alla soluzione e al miglioramento concreto delle quotidiane difficoltà che
rappresentano, per noi in Italia, un’eredità difficile da smantellare.
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