ARCHIVIO: questo è il vecchio sito FIAB (anni 1998 - 2012) |
Contributo di Luigi Riccardi ed
Eugenio Galli Le ragioni che hanno portato alla costituzione della FIAB. Ovvero alle radici della FIAB: una federazione nata "dal basso" Nel corso degli anni Ottanta, mosse da ragioni peculiari agli ambiti locali loro propri, si erano costituite in diverse città - A.Ri.Bi. di Bergamo, AdB di Verona, AdB di Salerno, AdB di Ravenna, AdB di Mantova, Pedale Verde di Roma, Pedale Verde di Vicenza, Tuttinbici di Reggio Emilia, Ciclobby di Milano, AdB di Genova, AdB di Trento, QDB di Cesena, AdB di Mestre, Bici&Dintorni di Torino, AdB di Firenze - associazioni one issue tutte caratterizzate dalla medesima finalità, ossia da uno scopo statutario identico nella sostanza: la promozione dell'uso della bicicletta anche come mezzo di trasporto urbano, oltre che per le sue valenze escursionistiche per il tempo libero, orientato a stimolare e far crescere, tutelandola, una mobilità sostenibile, non aggressiva, a basso impatto, capace di favorire uno sviluppo compatibile con l'ambiente. La nascita spontanea di queste associazioni in luoghi diversi denunciava l'esistenza di esigenze comuni a collettività assai più ampie di quelle che potevano essere rappresentate attraverso le singole associazioni localmente presenti, evidenziando una trama di istanze e sensibilità in parte ancora non del tutto riconoscibili, ma palesemente analoghe. Non solo: proprio la caratterizzazione locale delle associazioni sino a quel punto costituite rappresentava un limite nella ricerca e nella stessa oggettiva possibilità di interlocuzioni a più alto livello, e dunque implicava la rinuncia a rappresentare le istanze e sensibilità di cui sopra fuori dall'ambito strettamente locale, ad esempio presso Province, Regioni e, in sede nazionale, Ministeri, Enti di trasporto, etc. Rinuncia o carenza di rappresentanza che fosse, è evidente in ogni caso che privilegiare l'autoreferenzialità di associazioni costituite dentro i confini comunali, e che sentivano -e sentono- fortemente e in modo del tutto legittimo il senso della loro appartenenza al territorio, avrebbe impedito qualunque credibile possibilità di interloquire e trovare ascolto, di incidere concretamente e di intervenire "politicamente" al di fuori dei luoghi nei quali si svolgeva concretamente l'attività associativa. Questi sono i motivi più forti che hanno indotto i rappresentanti di quelle prime associazioni a superare la loro "dorata solitudine" in favore di un rapporto di mutuo sostegno e di allargamento della base rappresentativa dapprima attraverso un Coordinamento e, poi, con una vera e propria Federazione di associazioni, dotata di un proprio statuto ed autonomi organi direttivi, la cui elezione risultava come prodotto delle volontà espresse con il proprio voto dai rappresentanti delle stesse associazioni locali: forte restava dunque il legame di appartenenza, di identità, seppure con una attenuazione del primato territoriale, o meglio con una sua diversa estensione. Nel frattempo molta strada è stata percorsa, molte associazioni sono state costituite e si sono riconosciute nel sodalizio della FIAB ed oggi siamo in grado di affermare che è interesse delle associazioni, e dei loro soci, far parte attivamente della Federazione rendendo sempre più importante la rappresentatività del movimento cicloambientalista italiano, per poter rendere effettivi e definitivi dei cambiamenti che solo sino a qualche anno fa parevano irraggiungibili. Alcuni importanti risultati A quali cambiamenti facciamo riferimento? Impossibile citarli tutti. Si pensi alla legge 366/98, nata da una proposta FIAB fatta propria da alcuni deputati, finalizzata a finanziare interventi a sostegno della mobilità ciclistica. O alle modifiche proposte per il Codice della Strada (si veda la recente introduzione della definizione di itinerario pedonale e ciclistico e di utenza debole). O alla piattaforma con Trenitalia che ha permesso a tutti, soci e non, certamente con ampi margini di insoddisfazione e con la necessità di ulteriori profondi miglioramenti che dovranno essere negoziati anche a livello regionale, di usufruire dei primi "esperimenti" di intermodalità bici / trasporto pubblico in Italia. Ci si riferisce anche agli altri documenti elaborati dalla FIAB quali: L’adeguamento della FIAB al suo accresciuto ruolo nella società italiana, 12 febbraio 2003 (AdB, 1.2003); Ciclabilità urbana. Orientamenti e linee guida, 27 luglio 2003 (AdB 4.2003). Si pensi a ciò che sempre più rappresenta l'esperienza di Bimbimbici, nata con grossi sforzi qualche anno fa come manifestazione caratterizzante della nostra Federazione su un tema nevralgico, quello della mobilità debole dei soggetti più deboli, che ha avuto nel tempo un consenso e un successo sempre crescenti. Si pensi ai rapporti con i ministeri che hanno permesso alla FIAB, e dunque mediatamente alle stesse associazioni che ne fanno parte, di essere qualificata come "soggetto di comprovata esperienza nel settore della sicurezza stradale", così abilitandola a elaborare proposte di valore nazionale e facendone sempre più un accreditato centro di competenza. Si pensi al riconoscimento all'interno della Consulta Nazionale per la Sicurezza Stradale. Si pensi ai molti rapporti con le Regioni, che hanno avuto decisivo impulso con la costituzione dei Coordinamenti regionali, ed hanno permesso di ottenere una nuova e diversa attenzione al capitolo della mobilità ciclistica in ambito regionale con interventi legislativi, progetti e finanziamenti che hanno consentito in molti casi il raggiungimento di significativi risultati. Si pensi alla capacità di elaborazione tecnica che la FIAB ha acquisito e che trova un suo importante riconoscimento nell'itinerario Bicitalia. Ma si pensi anche all'importante esperienza del Campus estivo di formazione di San Floriano (PN) che consente, attraverso una sapiente miscela di studio e socializzazione tra i partecipanti, la formazione di una classe dirigente associativa meno improvvisata e soprattutto più consapevole. Si pensi ancora ad altre iniziative nazionali quali il cicloraduno e la bicistaffetta; alle campagne nazionali, come quella in corso sulla sicurezza stradale dei ciclisti; alle pubblicazioni: quaderni Camminare pedalare guidare muoversi sicuri e Bambini e Biciclette; alle ricerche svolte e in corso di svolgimento (v appendice) . Per dare conto dell'importanza, della ricchezza di contenuti, del valore aggiunto prodotto dall'appartenenza alla FIAB si potrebbe ancora rinviare a una attenta lettura del sito o della newsletter, AdB Amici della Bicicletta, della Federazione. Collaborare per crescere: i molti perché della partecipazione attiva Tutto questo non nasce dal nulla, richiede tempo, impegna risorse (umane ed economiche) e costa molta fatica. Da qui discende l'ineludibile necessità che sempre più soci si sentano coinvolti, mettendo a disposizione una porzione del proprio tempo, delle proprie competenze e capacità in seno alle associazioni e all'intero movimento affinché si possa avere una crescita meno discontinua e, soprattutto, più condivisa. Pur con tutte le difficoltà e le lentezze che contraddistinguono le professionalità che si svolgono nel mondo del volontariato, dove occorrono spesso grandi sforzi anche per produrre risultati minimi, è dunque evidente che, come non ha senso pensare a una FIAB senza associazioni, allo stesso modo è del tutto sterile immaginare un mondo di associazioni senza la FIAB: sarebbe un vistoso passo indietro per le associazioni e per i loro iscritti che verrebbero immediatamente e per ciò stesso privati della possibilità di un'elaborazione che sia più ampia e che si giovi di quella visione d'insieme e di quella capacità di sintesi necessaria per poter produrre i migliori risultati. Il legame tra FIAB e associazioni non si è dunque affatto affievolito ma è invece rimasto integro nel tempo, anzi, si può dire che la sua importanza sia progressivamente cresciuta, di pari passo alla crescita del valore aggiunto rappresentato dalla Federazione: quest'ultima infatti può essere tanto più forte e rappresentativa quanto più numerose sono le associazioni che ne fanno parte, quanto maggiore è, in ciascuna associazione, il numero degli iscritti e quanto più elevato è il senso comune di appartenenza a un unico movimento. E, di converso, la stessa forza delle singole associazioni è tanto maggiore quanto più forte, importante e riconoscibile è il legame con il movimento cicloambientalista nazionale. Dal punto di vista pratico, uno degli aspetti più importanti dell'adesione partecipata a un movimento ricco e complesso, articolato nazionalmente è quello di trovare momenti di confronto, di scambio, di socializzazione di esperienze e best practices, di favorire, in una parola, sinergie altrimenti non possibili o molto più difficoltose. Il ruolo delle associazioni Esistono indubbiamente modi diversi di rapportarsi alla Federazione, come esistono modi diversi di rapportarsi del socio rispetto alla propria associazione. Uno è quello, parassitario, di chi prende e pretende senza voler mai dare. Di chi si pone in atteggiamento esclusivamente rivendicativo chiedendo (alla singola associazione o alla Federazione) di fare, senza mettersi in gioco, di solito rivolgendosi sintomaticamente alla seconda persona plurale: "… dovete fare questo… perché non fate quest'altro?…". Di chi pretende servizi e utilità senza mai porsi il problema di chi e come riesca a metterli a disposizione. Di chi guarda all'associazione (o alla Federazione) come a un qualcosa di essenzialmente diverso da sé, di alieno, di terzo estraneo, con ciò perdendo il senso di buona parte delle ragioni per cui, persone diverse, si associano dedicando tempo ed energie per perseguire insieme uno scopo comune: senso che è dato dal tentativo di superare le debolezze individuali: ci si associa per essere più forti, non per esserlo meno. Questo atteggiamento avaro, miope e poco generoso non porta alcun valore aggiunto, ma anzi esaspera difficoltà e compromette o rallenta il raggiungimento degli obiettivi comuni. L'altro atteggiamento è quello di chi trova nell'associazione una parte delle proprie ragioni e si riconosce in essa al punto che si considera protagonista dei suoi successi e degli insuccessi: partecipare d'altronde vuol dire proprio "essere parte". E' questo il caso di chi si adopera per valorizzare ciò che unisce rispetto a ciò che divide; di chi si presta ad aiutare là dove vede difficoltà; di chi sente l'appartenenza a un progetto comune che supera la sfera individuale; di chi cerca il modo per rendere la propria partecipazione effettiva e non meramente passiva; di chi opera per aggiungere valore e non per sottrarre energia; di chi sente il bisogno di una relazione matura di solidarietà e di mutuo sostegno. Conclusioni Tutto questo per arrivare a concludere che il rapporto tra la FIAB e le associazioni che ne costituiscono la base e l'essenza non può essere di mera delega, ma richiede necessariamente una partecipazione attiva e consapevole; l'unicità del movimento, nelle sue articolazioni locali, regionali, nazionali ed europee richiede la crescita di una base culturale comune, una migliore comunicazione, una più accentuata condivisione di valori. Questo almeno, crediamo, affinché si possano rendere stabili e realmente proficui i rapporti tra i diversi soggetti coinvolti (soci, associazioni e Federazione). Siamo convinti che insieme abbiamo fatto molti progressi, superando anche molte difficoltà, ma deve essere responsabilità comune quella di operare per consolidare ciò che si è raggiunto e progredire ulteriormente insieme, evitando, come suole dirsi, di gettare via il bambino insieme all'acqua sporca. Una precisazione ancora: la FIAB nazionale - che risulta a volte più apprezzata all’esterno, come testimoniano i crescenti coinvolgimenti in comuni iniziative (convegni, costituzione di COMODO, e altro), che da parte di qualcuno di noi fiabscettico - non è una gloriosa macchina organizzativa. In realtà è costituita da un piccolo numero di volontari i quali - oltre a darsi da fare nelle loro situazioni locali - svolgono anche, sempre come volontari, compiti nazionali. In definitiva, la FIAB siamo noi. Ovvero, l’interesse a far crescere la FIAB non è di un gruppo di burocrati nazionali, ma di tutti quelli di noi che condividono l’esigenza di affermare nel nostro Paese la cittadinanza della bicicletta come mezzo di trasporto e per la pratica del cicloescursionismo. |