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La FIAB, fino ad oggi, non ha mai dovuto intervenire a seguito di proposte per l'obbligatorietà del caschetto. Proposte che talvolta però vengono avanzate in qualche Paese europeo, fortunatamente sempre con scarso successo (salvo il caso vergognoso della legislazione anti-ciclisti spagnola). Proprio contro questi "tentativi" l'ECF (l'European Cyclists' Federation alla quale la FIAB aderisce) ha espresso in un documento ufficiale il proprio orientamento (che può essere sintetizzato così: "Favorevoli all'uso del casco ma assolutamente contro alla sua obbligatorietà per legge").
Pubblichiamo nel nostro sito, come contributo all'informazione e al dibattito sull'argomento, questo articolo dell'Ing. Martino Caranti, rappresentante dell'associazione Monte Sole Bike Group, aderente alla FIAB.

Bicicletta e casco
Un'analisi basata sui dati di letteratura scientifica

dell' Ing. Martino Caranti

(articolo pubblicato sul n.1/2001 di CicloMercato, "Ricerca: L'Uso del Casco")

Esiste una così vasta mole di letteratura scientifica su questo argomento che quasi si ha l'impressione che, quando si parla di bicicletta, sulle riviste scientifiche di tutto il mondo non si parli d'altro.
Lo scopo che si prefigge questo articolo è quello di dare al lettore, anche attraverso una rapida rassegna di articoli scientifici, un'idea sull'evoluzione del pensiero riguardante l'utilizzo del casco fino allo stato attuale, non senza una (credo) motivata opinione personale conclusiva.

Perché usare il casco ?

Una facile risposta a questa domanda si può dare analizzando gli incidenti succedutisi negli anni ed evidenziando quali di questi si sarebbero potuti evitare con l'adozione del casco. Questa risposta, che potrà sembrare banale, è invece praticamente trascurata dalla letteratura scientifica.
Vorrei precisare che il casco non è l'unico mezzo di protezione per il ciclista. Se, ad esempio, viene dimostrato che in un certo paese la "quasi totalità" degli incidenti del ciclista avvengono con un mezzo motorizzato, il casco in quel paese sarebbe solo un palliativo: il vero intervento risolutivo sarebbe la differenziazione del traffico (eviterebbe la "quasi totalità" degli incidenti, mentre il traffico ne eviterebbe solo una percentuale di molto inferiore…)
Quindi sarebbe estremamente importante conoscere la dinamica degli incidenti e questo dato non è molto accessibile, soprattutto nei paesi a scarsa vocazione ciclistica urbana

Ricerche pionieristiche condotte dall'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Parma tra il 1973 ed il 1982 [1], periodo nel quale non esisteva di fatto la MTB e non era ancora in vigore neppure la legge sull'obbligatorietà del casco per le moto, prendevano in considerazione 296 casi riguardanti incidenti mortali di quei dieci anni coinvolgenti ciclisti e motociclisti. L'esame dei dati mostra un'elevata incidenza di lesioni craniche (83.5%) che sono state la principale causa mortale (58.5%) dell'intero gruppo considerato. Gli autori concludono che è urgente una legislazione sull'obbligatorietà del casco per i motociclisti, mentre per i ciclisti, dal momento che questo tipo di obbligo non appare praticabile, è necessario insistere su più rigorosi e severi controlli nella circolazione stradale, prendendo delle idonee misure per garantire un percorso protetto per i ciclisti.

Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Medicina Legale dell'Università di Umea in Svezia[2], ha preso in considerazione i casi di incidenti mortali accaduti ai ciclisti negli undici anni precedenti il 1993. In totale, si è riscontrato che su 146 casi totali, la maggioranza delle vittime è di sesso maschile (66%) e gli incidenti fatali sono accaduti per la maggioranza (81%) nel periodo tra Maggio ed Ottobre, nei fine settimana (84%) e durante le ore diurne (86%). Quasi tutte le vittime (88%) sono decedute a seguito di un incidente con un veicolo motorizzato, il 21% a seguito di un incidente con un camion. Nessuna delle vittime indossava il casco. Gli autori concludono che la separazione del traffico veicolare e l'utilizzo del casco sarebbero efficaci per ridurre il numero di decessi.

Il Dipartimento di Pronto Soccorso del Centro Medico della californiana Loma Linda University (USA) [3] ha chiesto nel 1993 a due gruppi di MTB del Sud della California informazioni relativamente all'utilizzo della MTB. Hanno risposto al questionario 268 persone, del quale l'82.8% di sesso maschile, in un'età compresa tra i 14 ed i 68 anni. Di questi, 225 (84%) hanno dichiarato di aver subito incidenti durante la pratica della MTB (il 51% nell'anno precedente) ma solo il 4.4% ha dichiarato di aver fatto ricorso a cure in ospedale. I più frequenti danni riportati dagli intervistati (90%) sono state abrasioni, lacerazioni e contusioni; 27 ciclisti (12%) hanno avuto fratture o distorsioni. L'88% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare regolarmente il casco (senza obbligo legislativo)

Il gruppo di Dudzik al Centro Ricerche Regionale di Prevenzione Infortuni dell'Università di Minnesota (USA) [4] ha studiato l'incidenza, le conseguenze ed i fattori di rischio degli incidenti non mortali tra ciclisti e mezzi motorizzati nell'arco di un anno (1993) in Minnesota. 925 casi, tra ciclisti dai 12 anni in avanti, hanno evidenziato una relazione inversamente proporzionale tra età e frequenza delle collisioni, con una maggioranza di incidenti accaduti al gruppo maschile in tutte le fasce di età. Gli autori suggeriscono misure protettive sulle strade in modo da rendere più sicuro l'utilizzo della bicicletta.

L'Istituto di Scienze Sportive del Sud Africa ha studiato [5] la casistica degli incidenti locali coinvolgenti ciclisti sino al 1995. Il risultato ha evidenziato che la maggioranza degli incidenti mortali derivano da collisioni con motoveicoli con conseguenti danni alla testa. L'autore rileva che, mentre la stragrande maggioranza degli adulti indossa il casco, per i bambini questo non avviene. E ciò nonostante una campagna promozionale per l'uso del casco che ha portato, secondo l'autore, ad aumentare la vendita di caschi ma non il loro utilizzo. L'unica soluzione per aumentare l'utilizzo del casco, secondo l'autore, è un'azione legislativa che obblighi al suo utilizzo. L'autore non cita però se questa decisione aumenterebbe il numero di giovani ciclisti.

In Germania, ricercatori della Clinica Medica dell'Università di Ulm [6] hanno studiato il tipo e l'esito degli incidenti che hanno coinvolto i ciclisti per il periodo 1986-1991, raccogliendo i dati dai registri ufficiali delle forze dell'ordine. Lo studio, pubblicato nel 1996, ha riguardato 1176 ciclisti ed ha dimostrato che la categoria più esposta agli incidenti risulta la fascia di età tra gli 11 ed i 15 anni. Nel complesso 275 ciclisti hanno riportato danni rilevanti, 20 sono morti. I principali danni riportati dai ciclisti sono localizzati nella zona della testa, delle gambe e delle braccia. Gli autori richiamano l'attenzione sulle misure preventive da adottare, in particolare informando i ciclisti sui rischi connessi alla viabilità ordinaria.

Una ricerca del Dipartimento di Pediatria dell' Harborview Injury Prevention and Research Center di Seattle (USA) [7] pubblicato nel 1997, prende in considerazione gli incidenti riportati dai pazienti ciclisti, utilizzatori di MTB, nel periodo tra il Marzo 1992 ed l'Agosto 1994. In un totale di 3390 pazienti ciclisti, il 73% aveva un'età tra i 20 ed i 39 anni. Tra tutti i pazienti considerati soltanto 127 (3.7%) hanno riportato danni nell'utilizzo off-road della bicicletta, mentre la restante parte di incidenti avveniva su strada. Questo fatto fa concludere agli autori che gli utilizzatori off-road siano meno soggetti degli altri ciclisti a subire danni alla testa ed al viso. L'utilizzo del casco nel gruppo di ciclisti esaminato è stato dell'80.3%.

Ricercatori del Dipartimento di Salute Pubblica del Chang Gung College of Medicine and Technology di Lin-Kou, Taiwan [8] , hanno studiato l'andamento degli incidenti occorsi a 197 giovani ciclisti (12-15 anni) di una scuola superiore taiwanese. Un terzo degli incidenti è stato riscontrato mentre i ragazzi raggiungevano o ritornavano da scuola. Quasi il 40% degli incidenti è avvenuto tra le 15 ed le 19, mentre il 52% di tutti gli incidenti  accade nei mesi estivi. Un dato impressionante evidenzia che più della metà degli incidenti avviene agli incroci stradali e circa l'83% degli incidenti sono dovuti a collisioni con altri veicoli, motoveicoli in particolare. Tra gli autoveicoli, le collisioni con camion e taxi sono le più frequenti. Gli autori concludono che sono necessarie altre misure di prevenzione, oltre ad invitare all'utilizzo del casco.

Riguardo la città di Wuhan nella Cina Popolare, invece, ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimore (USA) hanno pubblicato nel 1997 uno studio [9] esaminante la mortalità e la frequenza di incidenti ciclistici, raccogliendo i dati relativi all'anno 1993 da registri ufficiali. La frequenza di morte evidenziata è circa sette volte più elevata rispetto a quella degli USA. Almeno il 79% dei decessi ed il 17% degli incidenti totali hanno causato danni alla testa, la maggioranza (71%) causata dall'impatto della testa contro il cemento o l'asfalto della strada. Nessuno dei pazienti indossava il casco ed in generale l'utilizzo del casco nella popolazione ciclistica è inesistente. Gli autori dello studio concludono che occorrerebbe valutare l'efficacia dell'uso del casco nei paesi in via di sviluppo…(!)

In Australia, il Department of Safety Science dell'Università del New South Wales di Sydney ha condotto [10] nel 1998 uno studio "sul campo" sugli incidenti che coinvolgono soltanto i ciclisti che indossano il casco. Su 42 casi esaminati vi sono stati 4 incidenti mortali, tutti con veicoli motorizzati. Nel caso di incidenti che hanno generato morti o feriti tra i ciclisti, si è notato un generale aumento del numero di veicoli coinvolti dovuto al fatto che i veicoli motorizzati procedevano a velocità superiori ai 30 km/h. In nove casi sono stati verificati danni particolarmente rilevanti senza frattura del cranio.

Uno studio effettuato specificatamente sulla relazione tra uso del casco nella pratica agonistica del ciclismo e la casistica degli incidenti, pubblicato nel 1998 dall'Harborview Injury Prevention and Research Center dell'Università di Washington di Seattle (USA) [11] permette di dimostrare l'efficacia del casco nelle competizioni. Il casco permetterebbe di ridurre il rischio di danni alla testa dell'85% e di danni al cervello dell'88%. Gli autori raccomandano all'ICF (International Cycling Federation) di rendere obbligatorio il casco in tutte le competizioni ciclistiche.

Ricercatori del Dipartimento di Medicina e Riabilitazione del New England Medical Center di Boston hanno presentato nel 1998 [12] un interessante confronto tra le modalità di utilizzo della bicicletta (e gli incidenti) a Parigi ed a Boston. Su 5808 ciclisti esaminati, soltanto il 2.2% dei ciclisti parigini indossava il casco confrontato con il 31.5% di Boston. In compenso nell'utilizzo "in notturna" della bicicletta il 46.8% dei parigini utilizzava un impianto di illuminazione mentre solo il 14.8 % ne disponeva a Boston. Questo dato, secondo gli autori, porta a dover riflettere sulla percezione del rischio, sul tipo di bicicletta utilizzato e sulle legislazioni adottate nei differenti stati. E' evidente infatti che di notte è molto utile un buon impianto di illuminazione per prevenire gli incidenti (con o senza casco)…

In Israele il Dipartimento per l'Educazione del Ministero della Sanità di Gerusalemme ha condotto [13] una analisi sull'utilizzo del casco tra i ciclisti. A questa è seguita una prima campagna di promozione all'uso del casco che ha portato ad un modesto ma significativo incremento nel suo utilizzo. Una seconda campagna informativa viene ritenuta necessaria prima, eventualmente, di procedere ad imposizioni legislative.

Una ricerca, condotta tra l'1/1/1990 ed il 31/10/1996 nel Dipartimento di Chirurgia Maxillofacciale dell'Università di Innsbruck [14] ha preso in esame tutti i ricoveri del periodo, esaminandone cause e diagnosi. In totale 562 pazienti (circa il 10% del totale) sono stati ricoverati dopo incidenti derivanti da pratica ciclistica (non è indicato se escursionistica o competitiva). Questo numero costituiva il 31% di tutti i ricoveri in quel reparto dovuti a pratiche sportive ed il 48% di quelli dovuti ad incidenti nel traffico. Nei 502 ciclisti "stradisti" la diagnosi è stata per il 51% di traumi mandibolari, per il 34.5% di fratture alle ossa del viso e per il 14% di lievi lesioni ai tessuti. Nei 60 mountain-bikers invece si è riscontrato un 55% di fratture, un 22% di traumi ed un 23% di lievi lesioni. Tra le fratture, sicuramente la più frequente in tutti i ciclisti (30.8%) è quella agli zigomi. La conclusione degli articolisti è che l'utilizzo di un casco con protezione anche nella parte anteriore del viso avrebbe potuto evitare numerosi incidenti (adozione non semplice, specie in ambito urbano…).

I favorevoli

 Negli Stati Uniti ancora ricercatori del Dipartimento di Pediatria dell' Harborview Injury Prevention and Research Center di Seattle (USA) [15] hanno analizzato i casi noti in letteratura al fine di stabilire se il casco riduce l'incidenza di danni alla testa o al cervello per ciclisti di tutte le età. Su di un campione (non particolarmente rappresentativo) si è notato che il casco può ridurre il rischio di questi traumi tra il 63 e l'88%. Inoltre il casco garantirebbe analoghi livelli di protezione da incidenti con veicoli motorizzati (69%) che in ogni altra causa (68%). Non viene però indicato a quanti incidenti con veicoli motorizzati (rispetto a tutte le altre cause) si riferisca la statistica.

Il Dipartimento di Chirurgia del Baylor College di Houston (USA) ha valutato [16] l'effetto di una campagna promozionale a favore dell'uso del casco in bicicletta sul numero di incidenti in un campione di bambini (0-14 anni). Iniziata nel 1989, la campagna promozionale ha portato da un 4% di utilizzo del casco (e 46 incidenti con danni alla testa) al 67% di utilizzo del casco nel 1995 (con 24 incidenti alla testa). Dall'Ottobre 1995 in quella città vi è l'obbligo di indossare il casco per i bambini. L'autore non cita se, dopo la campagna promozionale e l'entrata in vigore della legge, il numero di bambini ciclisti sia diminuito.

Ricercatori della Barry University di Miami e della Florida University di Boca Raton (USA) hanno studiato [17] l'efficacia della legge sull'obbligatorietà del casco per i ragazzi entrata in vigore in Florida. L'utilizzo del casco nei ragazzi tra i 7 ed i 12 anni è passato dal 5.6% al 20.8% dopo l'entrata in vigore della legge, con il massimo aumento registrato nel gruppo tra i 10 ed i 12 anni. Gli autori non hanno trovato variazioni statisticamente rilevanti sul numero e tipo di incidenti verificatisi prima e dopo l'entrata in vigore della legge, mentre hanno riscontrato che, dopo l'entrata in vigore della legge, gli incidenti verificatisi sul gruppo di ragazzi che ancora non indossavano il casco erano più rilevanti rispetto a prima.

Il gruppo di Casal del Dipartimento di Pediatria del Nyack Hospital di New York [18] ha studiato gli effetti del tipo di legislazione sull'utilizzo del casco in tre contee attigue. A Rocksland, nello stato di New York, la legge impone l'utilizzo di caschi omologati per tutti i ciclisti senza distinzione di età: l'utilizzo del casco, tra i ciclisti, raggiunge il 35% degli utilizzatori. A Westchester, ancora nello stato di N.Y., è obbligatorio che tutti i ciclisti con meno di 14 anni indossino il casco: l'utilizzo del casco è del 24%. A Fairfeld, nel Connecticut, la legge impone a tutti i minori di 12 anni l'obbligo del casco: l'utilizzo è del 14%. In tutte le contee si è poi evidenziato che il minimo utilizzo del casco avviene proprio tra i teenager. Gli autori non forniscono però dati sulla diffusione e l'utilizzo numerico di biciclette nelle distinte contee.

Un gruppo di studiosi di Manitoba (Canada) ha studiato [19] l'utilizzo del casco tra alcune comunità urbane e rurali. Sono state prese in considerazione le abitudini di 2629 ciclisti (70% uomini, 30% donne). Complessivamente l'utilizzo del casco si assesta sul 21.3% (19% negli uomini, 26% nelle donne) con una relazione quasi lineare tra la % di utilizzo del casco e lo stipendio percepito. Addirittura la % di utilizzo del casco varia di un fattore 4 tra il massimo ed il minimo stipendio del campione analizzato. Ancora una volta sono i teenager coloro che utilizzano al minimo il casco mentre la percentuale maggiore di utilizzo è tra i bambini di età inferiore agli 8 anni e gli adulti.

In Nuova Zelanda il casco è obbligatorio dal 1994. Tra il 1990 ed il 1996, periodo compreso in una ricerca dell'Authority sulla Sicurezza dei Trasporti Terrestri di Wellington [20], l'utilizzo del casco sarebbe passato dal 20 al 90%. Lo studio esamina l'effetto dell'uso del casco sul numero di ciclisti ricoverati in strutture sanitarie, dividendo tra coloro che sono stati ammessi per motivi legati al traffico veicolare o per altre cause. L'aumento di un 5% di % di utilizzo del casco si è tradotta in una riduzione del 10.2% dei feriti (non legati al traffico) per i ragazzi tra i 5 ed i 12 anni, del 5.3% per i ragazzi tra i 13 ed i 18 anni, del 3.2% per gli adulti. Lo stesso incremento di utilizzo del casco ha portato alla riduzione del solo 3.6% dei feriti legati al traffico veicolare. Il notevole aumento di utilizzo del casco nel periodo considerato ha portato alla riduzione dal 24 al 32% dei feriti con danni alla testa (incidente per cause non legate al traffico) e del 20% per gli incidenti legati al traffico motorizzato. Non è riportato però alcun dato sulla variazione del parco circolante di biciclette prima e dopo l'entrata in vigore della legge.

Un ulteriore contributo a favore dell'utilizzo generalizzato del casco viene dalla Road Accident Research Unit dell'Università di Adelaide (Australia) [21]. Gli autori prendono in esame casi citati in letteratura e notano come, tra gli incidenti che provocano danni cerebrali, la dinamica e le accelerazioni lineari ed angolari svolgano un ruolo determinante. Per i motociclisti il casco assicura protezione sino ad impatti a velocità di 8 m/s e dovrebbe essere rinforzato (così anche per i ciclisti) nella parte anteriore. I passeggeri di autoveicoli sono soggetti a danni rilevanti alla testa nel caso di collisioni laterali. Pertanto sarebbe opportuno dotare l'abitacolo della macchina di protezioni nelle parti alte dell'abitacolo, di cinture di sicurezza per proteggersi da impatti frontali e, per gli impatti laterali, di un casco (!!) o di particolari air-bag…

I "dissidenti"

Il mondo anglosassone è stato storicamente il primo ad affrontare, legislativamente, il problema del casco per i ciclisti e vari sono stati i contributi anche di chi portava tesi a sostegno di altre forme di intervento di protezione differenti dall'azione legislativa. Per chi desidera approfondire l'argomento, in bibliografia sono stati raccolti alcuni di questi contributi, senza alcuna pretesa di completezza.
Stewart (1994) [22]evidenzia il fatto che il casco sia soltanto uno degli strumenti di protezione dagli incidenti e in molti casi nemmeno quello più efficace.
Keatinge (1994) [23]si mostra preoccupato per la possibile riduzione del numero dei ciclisti a seguito di azioni legislative sull'uso del casco.
L'australiano Robinson (1997) [24] mostra come, a seguito dell'introduzione locale della legge sull'uso del casco, il numero di praticanti ciclisti sia drasticamente diminuito.
Waterston (1997) [25] dimostra come sia l'interazione ciclista - mezzo motorizzato la vera causa della stragrande maggioranza dei danni subiti dai ciclisti.
Davis (1997) [26] insiste perché venga monitorato il numero dei ciclisti dopo l'introduzione della legge sul casco e sostiene l'importanza di aumentare l'influenza della categoria dei ciclisti nei confronti degli altri gruppi.
Infine Carnall (1999) [27] chiede che l'utilizzo del casco non divenga obbligatorio in Gran Bretagna citando numerosi dati a supporto delle proprie tesi.

Un'opinione ulteriore

Dopo aver passato in rassegna, senza pretesa di completezza, alcuni motivati punti di vista di ricercatori principalmente extra-europei, verrei proporre alcune linee per una riflessione ed una discussione serena sull'argomento in Italia.
Premesso che sia i ragazzi sino a 18 anni che chi utilizza la bicicletta per competizione (o pseudo-competizioni, ove cioè vi sia comunque presente un ordine di arrivo) dovrebbero essere, per legge, obbligati ad indossare un casco omologato, occorre esaminare con attenzione la posizione del cosiddetti adulti ciclisti urbani e cicloescursionisti.
Coloro che sostengono in modo risoluto la necessità di imposizioni legislative di obbligo del casco anche per queste categorie non tengono in alcun conto il fatto che la stragrande maggioranza di queste categorie:
1)   percorrono anche ampi tratti di viabilità ordinaria
2)   hanno velocità di crociera relativamente modeste.
Ora, dal momento che è ormai riconosciuto che i danni derivanti da incidenti tra ciclisti sono irrisori se confrontati ai danni derivanti da incidenti tra ciclisti e terze parti (motorizzate), la prima vera operazione di sicurezza è la differenziazione del traffico sulla viabilità ordinaria (sicurezza sia per i ciclisti che per gli utenti motorizzati che non vengono distratti dal "traffico lento").
Per quei tratti percorsi dai ciclisti al di fuori della viabilità ordinaria (cioè su sentieri, strade forestali, a maggior ragione su strade non asfaltate) la velocità è modesta. Va ricordato che l'energia è proporzionale al quadrato della velocità e quindi a velocità modeste corrispondono energie in gioco modeste, quindi basse probabilità di incidenti rilevanti.
In pratica, difficilmente un escursionista mantiene a lungo velocità superiori ai 30 km/h. Questa è una velocità del tutto simile a quella raggiunta da coloro che corrono a piedi...
Obbligo di casco per i ciclisti, quindi, equivarrebbe a spingere verso un obbligo legislativo sull'utilizzo del casco anche per i pedoni. Se si arrivasse anche ad obbligare il casco ai pedoni, forse, avremmo rasentato il ridicolo…
Ci sono poi altri aspetti da non sottovalutare:
1)   l'entrata in vigore di un obbligo legislativo porterebbe sicuramente parte dei ciclisti a smettere nell'utilizzo di questo mezzo per passare (specie negli spostamenti urbani) a mezzi motorizzati. A parte gli incalcolabili danni ambientali, questo genererebbe maggiori portate veicolari a parità di viabilità con conseguente crescita del numero di incidenti nel traffico motorizzato (incidenti che avvengono a velocità più alte, quindi con energie molto più alte in gioco…).
2)   Come già si è visto in alcuni paesi esteri, l'influenza sulla percentuale di utilizzo del casco di una buona campagna promozionale può portare a risultati dello stesso ordine di grandezza di un'imposizione legislativa, ma con il grosso vantaggio di avere utenti che indosseranno il casco per convinzione e non per costrizione.
3)   L'utilizzo del casco tra gli utenti della MTB in Italia è già attualmente molto diffuso e tale da raggiungere (ed in molti casi superare) le percentuali citate negli articoli precedentemente citati. E questo senza che via sia stato obbligo legislativo e nemmeno campagne promozionali.
4)   Credo sia venuto il momento di sostituire all'idea di protezione personale del ciclista il concetto di protezione generale del ciclista. E' sicuramente utile, cioè indossare un casco, così come lo sarebbe indossare ginocchiere, paragomiti, un casco integrale con mentoniera, paracolpi per la colonna vertebrale, magari un cardiofrequenzimetro,… (gli incidenti non capitano solo alla testa e non è detto che gli incidenti alla testa siano più "gravi" di quelli, ad esempio, alla colonna vertebrale, come ben sanno coloro che frequentano il mondo delle downhill). Ma questo tipo di protezione non sarà mai sufficiente ad eliminare ogni rischio in una pratica sportiva, se non procediamo a dotarci di una protezione "passiva" realizzata attraverso interventi strutturali sulla viabilità ordinaria: chiedere con più forza la differenziazione e la moderazione del traffico, sia urbano che extra-urbano. Nel futuro, forse, raggiunto almeno l'attuale livello olandese nella differenziazione del traffico, altre misure risulteranno di maggiore efficacia.

E bene ha fatto, a mio avviso, la FIAB ad assumere una posizione di invito generalizzato ai ciclisti all'uso del casco ma senza (per il momento) imposizione legislativa (ad eccezione per le pratiche agonistiche). Imposizione legislativa che invece, grazie alla FIAB, si è tradotta in un obbligo alla differenziazione del traffico sancito dalla Legge 366/98, primo (anche se modesto) tassello di un'importante sviluppo sociale.

Nel 1991, vorrei ricordarlo in conclusione, morì Patrizia Wolf, campionessa di MTB del Team Bianchi, a seguito di un incidente con un veicolo motorizzato avvenuto durante un allenamento. Portava il casco, ma non bastò. A perenne monito a tutti i ciclisti morti o feriti sulla strada il Monte Sole Bike Group di Bologna chiese allo scultore Bertozzi di realizzare un'opera d'arte che ricordasse Patrizia. La scultura, ricavata da un tronco di 35 quintali, inaugurata alla presenza dei genitori di Patrizia e del Team Bianchi ed ancora oggi (seppure in precarie condizioni) in Piazza Allende ad Ozzano Emilia (BO), raffigura la ragazza impegnata in uno scatto in salita. Col casco. A ricordare a tutti che il casco è uno strumento estremamente utile, da indossare sempre, ma può non bastare senza una decisa e capillare opera di differenziazione del traffico.

Ing. Martino Caranti
Bologna


[1] Gennari e Laudano, Incidenti motociclistici, ciclomotoristici e ciclistici mortali. Casistica del settorato medico-legale di Parma (1973-82), Acta Biomed Ateneo Parmense 1986;57(1-2):53-61

[2] Eriksson et al., Pedal cycling fatalities in northern Sweden, Int J Epidemiol 1993 Jun;22(3):483-8

[3] Patrick et al., Acute injuries from mountain biking, West J Med 1993 Aug;159(2):145-8

[4] Dudzik et al, Bicycle-motor vehicle collisions. Epidemiology of related injury incidence and consequences, Minn Med 1994 Apr;77(4):27-31

[5] Noakes, Fatal cycling injuries, Sports Med 1995 Nov;20(5):348-62

[6] Reinhardt e Scholz, Radfahrunfalle. Eine retrospektive Studie fur die Jahre 1986 bis 1991, Versicherungsmedizin 1996 Feb 1;48(1):15-7

[7] Rebolledo, Injuries involving off-road cycling, J Fam Pract 1997 May;44(5):481-5

[8] See e Lo, Cycling injuries among junior high school children in Taiwan, J Formos Med Assoc 1997 Aug;96(8):641-8

[9] Li e Baker, Injuries to bicyclists in Wuhan, People's Republic of China, Am J Public Health 1997 Jun;87(6):1049-52

[10] Svensson et al., Pedal cycle helmet effectiveness: a field study of pedal cycle accidents, Accid Anal Prev 1998 Mar;30(2):161-8

[11] Thompson e Patterson, Cycle helmets and the prevention of injuries. Recommendations for competitive sport, Sports Med 1998 Apr;25(4):213-9

[12] Asare et al., Bicycle safety behavior in Paris and Boston, Accid Anal Prev 1998 Sep;30(5):679-87

[13] Jaffe e Tamir, Bicycle helmets in Israel: observed change in usage following a nationwide campaign, Isr J Med Sci 1996 Feb;32(2):135-7

[14] Waldhart et al, Differential profile of facial injuries amoung mountainbikers compared with bicyclists, J Trauma 1999 Jul;47(1):50-4

[15] Thompson et al, Helmets for preventing head and facial injuries in bicyclists, Cochrane Database Syst Rev 2000;(2):CD001855

[16] Parkin, Trends in bicycling related head injuries in children after…, J Pediatr Surg 2000 May;35(5):688-9

[17] Eckes, Florida's bicycle helment law and a bicycle safety educational program: did they help?, J Emerg Nurs 1999 Dec;25(6):496-500

[18] Casal, A comparison of the effect of different bicycle helmet laws in 3 New York City suburbs, Am J Public Health 1999 Nov;89(11):1736-8

[19] Moffatt et al, Urban and rural patterns of bicycle helmet use: factors predicting usage, Inj Prev 1999 Sep;5(3):183-8

[20] Graham et al, Cycle helmet effectiveness in New Zealand, Accid Anal Prev 1999 Nov;31(6):763-70

[21] Ryan, Improving head protection for cyclists, motorcyclists, and car occupants, World J Surg 1992 May-Jun;16(3):398-402

[22] Stewart, Bicycle helmets not the only answer, CMAJ 1994 Mar 15;150(6):820

[23] Keatinge, Cycle helmets. Deter people from cycling, BMJ 1994 Aug 20-27;309(6953):541

[24] Robinson, Australian laws making helmets compulsory deterred people from cycling, BMJ 1997 Jan 4;314(7073):69-70

[25] Waterston, Cyclists should wear helmets. Motorists are the cause of the problem, BMJ 1997 Jan 4;314(7073):69

[26] Davis, Cyclists should wear helmets. Increasing the number of cyclists is more important, BMJ 1997 Jan 4;314(7073):69

[27] Carnall, Cycle helmets should not be compulsory, BMJ 1999 Jun 5;318(7197):1505

 

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